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Il consulente finanziario non può essere sostituito da quello virtuale

Viviamo nell’epoca della virtualizzazione, dei servizi digitali, ma non si potrà mai davvero sostituire la consulenza fisica quando si tratta dei propri investimenti e risparmi. Sicuramente la tecnologia rende il rapporto più accessibile, più rapido e flessibile ma non può prescindere da una relazione di trasparenza e fiducia, di tutela e di consulenza professionale.

L’Internet banking, secondo l’indagine recente dell’Aipb (Associazione Italiana Private Banking) è l’esperienza più frequente dei clienti nell’ambito dell’innovazione, mentre è in aumento l’utilizzo delle app sugli smartphone. “La sfida della banca è rendere le cose più semplici e chiare. Come dire che è la tecnologia che deve adattarsi alla banca e non viceversa”, afferma Maurizio Zancanaro amministratore delegato di Banca Aletti.

Per Carlo Giausa invece, direttore investimenti e wealth management di Fineco Bank “la tecnologia sarà il vero discrimine che, insieme alla trasparenza nel rapporto con il cliente, ridisegnerà gli equilibri. Tecnologia che sarà sempre più al servizio del consulente finanziario e solo in seconda battuta del cliente finale, permettendo al professionista di investire il proprio tempo sulla relazione con quest’ultimo e nel farne emergere i bisogni di pianificazione”.

Ma gli over 60, che detengono la fetta più grande del risparmio privato, continuano a preferire la consulenza in carne e ossa. Sempre secondo l’indagine dell’Aipb, Il 79% dei clienti private con più di 64 anni non avrebbe alcuna intenzione di ricorrere a un servizio di consulenza finanziaria online. Ma lo stesso dice il 59% dei clienti maturi nella fascia dai 35 ai 54 anni che pur hanno maggior famigliarità con le tecnologie digitali.

Dopo la sbornia di una finanza sempre più smaterializzata e lontana dall’economia reale, quando si tratta di investimenti diventa determinante il confronto con esperti neutrali e indipendenti, basandosi su analisi approfondite e professionali perché il mondo contemporaneo è particolarmente complesso e in continuo cambiamento. Il risparmiatore non può certo limitarsi ad ascoltare una sola fonte di informazioni, a maggior ragione se è coinvolta in ciò che propone, in palese conflitto d’interesse. Chiediamo ad un altro medico una “second opinion”, un parere aggiuntivo quando si tratta della nostra salute. Perché non fare lo stesso quando si tratta dei nostri soldi, un argomento forse altrettanto importante?

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